giovedì 9 ottobre 2008

Comunicato sui fatti di pianura

Napoli,Pianura

Nel dicembre dello scorso anno il prefetto di Napoli Alessandro Pansa indicava la discarica di Contrada Pisani come idonea allo stoccaggio delle migliaia di tonnellate di munnezza presenti per le strade di Napoli e provincia. Negli stessi giorni la popolazione di Pianura cominciava a protestare contro la riapertura di una delle discariche più vecchie e più grandi d’Europa. Basti pensare che la discarica è stata aperta nel 1921 ed è stata utilizzata a fasi alterne fino al 1994 anno in cui è stata “chiusa” ufficialmente. In realtà il sito è stato riutilizzato più volte fino alla protesta del 2003, quando una riapertura di pochi mesi ha scatenato blocchi spontanei in tutto il quartiere sedati prontamente dalle armate di stato a manganellate. Da allora essendo la zona una delle più contaminate d’Europa l’utilizzo della discarica è stato accantonato.
Quando si parla di contaminazione si deve sapere che il quartiere di Pianura ha un indice di malformazioni fetali e un tasso di tumori tra persone di qualunque età spaventoso.
A Pianura si è scaricato qualunque rifiuto tossico in quantità che conosciamo solo in parte.
Ma è questo il ruolo che hanno le discariche, sotterrare qualunque tipo di scoria industriale senza che se ne possa capire la provenienza e soprattutto la pericolosità per noi e per le terre che abitiamo.
Pensavate che una discarica servisse a raccogliere solamente i nostri sacchetti di munnezza?
Certo quelli sono buoni per nascondere i rifiuti tossici.
Questa era la situazione a Pianura nel Dicembre dello scorso anno quando migliaia di persone scesero per strada per impedire l’ennesima vessazione.
Ci furono di nuovo le proteste e le bastonate delle bande armate statali, ci furono i blocchi e le barricate per difendersi dalle bastonate. Anche in quei mesi di freddo intenso ci fu gente a presidiare l’ingresso della discarica per parecchie notti di fila.
La popolazione di Pianura aveva deciso che resistere era l’unica cosa da farsi, aveva deciso che il proprio territorio, la proprio vita, il futuro dei propri figli non erano merce in vendita, che nessuno per ragioni di perpetua “emergenza”, di mero profitto diciamo noi, poteva decidere di mandare a morte una comunità che aveva già un piede nella fossa.
Ma per chi devasta interi territori, per chi calpesta la dignità di intere comunità per i suoi fini di potere, tutto questo rappresenta una sfida, una ribellione che deve essere schiacciata con qualunque mezzo. Ed ecco che quando le bastonate non servono, comincia il bombardamento mediatico: in quei mesi tutti gli abitanti erano camorristi, tutti i manifestanti feroci tagliagole, chiunque dissentiva un terrorista. Ma neanche i parolai del governo con le loro stronzate a mezzo stampa sono riusciti nell’intento di buttare merda. La gente di Pianura si è permessa di opporsi e per questo adesso deve pagare.
I clan politico-industriali non accettano repliche quando mettono le mani su un territorio soprattutto ora che i loro interessi si sono spostati in un’ altra zona. Hanno bisogno di dare un “esempio” a chi si ribella. Gli arresti effettuati per i blocchi di Pianura sono arrivati proprio adesso che si sono riaccese le proteste a Chiaiano.
La tecnica è quella solitamente usata: affermare che tra la gente del posto ci sono infiltrati che fomentano solo violenza, fare una divisione tra bravi cittadini e sobillatori feroci. Tecnica che molto probabilmente verrà riutilizzata anche nelle indagini sulle proteste di Chiaiano. Sono giorni, infatti, che i mezzi di disinformazione parastatali continuano a puntare il dito su alcuni dei “facinorosi” di Pianura che sarebbero stati presenti anche nelle proteste di Chiaiano.
Visto che si stanno aprendo nuovi fronti di lotta - come ad Andretta (Av) dove vogliono aprire una megadiscarica da 2 milioni di tonnellate, ad Acerra dove sta per entrare in funzione l’inceneritore (chiamiamolo col nome suo), a Ponticelli dove è prevista la costruzione di un altro inceneritore - uno degli strumenti per sedare ogni rivolta è proprio la criminalizzazione delle popolazioni che si oppongono alla devastazione del proprio territorio. Lo spauracchio degli infiltrati, della presenza di camorristi, di ultras scatenati, di estremisti politici serve solo a coprire, in maniera alquanto maldestra, il fatto che chi si ribella è chi subisce sulla sua pelle la devastazione del proprio ambiente.

Solidarietà con le popolazioni in lotta.

Anarchiche e Anarchici a Napoli

giovedì 25 settembre 2008

Partecipazione anarchica al Jatevenne-day

Alla manifestazione nazionale di chiaiano, di sabato 27 settembre,saremo presenti con un nostro spezzone e con i nostri contenuti.

Vista l'aria che tira e le voci che corrono,lo spezzone sarà autodifeso.

Il corteo partirà alle 16.00 dalla metro di chiaiano.

anarchici e anarchiche presenti sul posto.

giovedì 11 settembre 2008

NEWSCOMIDAD_11_09_2008

L’ANTIMERIDIONALISMO, VEICOLO DELLA REAZIONE

Per la partita del 31 agosto a Roma, Trenitalia ha intascato il prezzo di cinquemila biglietti di tifosi napoletani, senza preoccuparsi di predisporre alcunché per trasportarli alla meta, anzi lasciandoli nella più totale confusione a vagare all’interno di una stazione. Nonostante non si trattasse di cinquemila santarellini, ma per lo più di ultras, nulla di concreto è stato portato dai media come prova di presunte aggressioni ad altri passeggeri, perciò l’effetto “orda” è stato ottenuto attraverso un montaggio tendenzioso di immagini slegate dal loro contesto; quindi le vittime di una truffa da parte di un’azienda privatizzata sono state fatte passare per dei barbari aggressori.
Qualcosa del genere era già stato allestito qualche mese fa con le presunte “rivolte” di Pianura, Chiaiano e Marano contro le discariche: si omettevano le cariche immotivate della polizia e poi si ponevano in evidenza i dettagli di alcuni gesti o grida di esasperazione da parte della folla. Anche altre “rivolte” sono state montate in questo modo, accreditando la falsa immagine di poliziotti e carabinieri picchiati dalla folla mentre andavano ad eseguire degli arresti di camorristi.
La “camorra” è infatti la spiegazione mitologica che viene invocata ogni volta per mettere in ombra gli aspetti non realistici di tutte le emergenze di ordine pubblico imposte dai media. Sempre la camorra, secondo Bertolaso - Commissario per l’emergenza rifiuti in Campania - , sarebbe dietro le difficoltà a liberare dall’immondizia la provincia di Napoli, che nonostante i proclami trionfalistici di Berlusconi, si trova ancora in piena “emergenza”.
Persino la raccolta differenziata, di cui Berlusconi si è presentato come il profeta, è divenuta più aleatoria, e si trova attualmente al di sotto degli standard precedenti al suo arrivo a Napoli, quando almeno consentiva di riciclare il quattordici per cento dei rifiuti. Anche questo dettaglio, per ora oscurato dai media, potrà essere però agevolmente addossato all’inciviltà dei Napoletani ed all’azione della “camorra”, cioè l’alibi propagandistico che serve a coprire quelle aree di criminalità organizzata che dipendono direttamente dalla protezione del potere militare, politico e poliziesco, e che spesso incorrono nelle stesse faide che avvengono anche all’interno delle istituzioni “legali”.
L’occupazione, la militarizzazione e lo sfruttamento coloniale di un territorio presuppongono la criminalizzazione preventiva di tutta la sua popolazione, ma il sistema delle basi militare americane, con i relativi traffici illeciti, ha ereditato una lunga tradizione storica di razzismo antimeridionale. Come tutti i razzismi, anche quello antimeridionale tende a dissimularsi dietro argomentazioni etniche e culturali, ma le sue origini sono specificamente biologiche, poiché risalgono alle teorie razziali di Cesare Lombroso e di alcuni suoi discepoli, teorie che individuavano nel Settentrione e nel Meridione d’Italia due differenti razze che potevano essere delineate attraverso misure antropometriche, a cui corrispondevano anche specifiche caratteristiche psicologiche. L’eco di queste teorie razziali sugli Italiani meridionali è riscontrabile anche in alcuni passi del “Mein Kampf” di Hitler.
In una pagina del “Cuore” di Edmondo De Amicis questa presunta dicotomia razziale viene illustrata nell’episodio del ragazzo di Reggio Calabria che entra nella classe del protagonista. Anche se l’episodio sembra voler rappresentare un esempio di accoglienza fraterna in nome dell’unità nazionale, è invece la distanza razziale l’aspetto che risulta evidenziato nella narrazione: un ragazzo molto bruno di pelle, con i capelli neri, gli occhi neri e le “sopracciglia folte raggiunte sulla fronte”.
Come tutti i razzismi, anche quello antimeridionale rivendica un carattere progressivo ed efficientistico, perciò costituisce un ottimo veicolante propagandistico per operazioni reazionarie ed affaristiche. In questi giorni si è potuto assistere allo spettacolo della trasformazione, o rivelazione, della Lega Nord da partito della rivolta antifiscale a partito delle nuove tasse locali a vantaggio del business delle esattorie private. È innegabile che la Lega Nord abbia potuto costruire la sua popolarità, e persino la sua credibilità presso ambienti di sinistra, proprio attraverso l’antimeridionalismo, che è trasversale agli schieramenti ed alle idee politiche.
Anche il ministro dell’Istruzione Gelmini ha puntato sulla carta propagandistica dell’antimeridionalismo, che è un modo facile e sicuro di attirare consenso. Nella sua politica scolastica, la Gelmini da un lato continua nella linea pseudo-rigoristica di Fioroni, dall’altro scredita l’istituzione con la polemica contro la meridionalizzazione dell’insegnamento, e questa combinazione propagandistica è riuscita sinora a mettere sullo sfondo il suo vero scopo affaristico, cioè di consentire l’ingresso dei privati nella scuola pubblica attraverso lo strumento ambiguo delle fondazioni. Dato che è irrealistico supporre che i privati mettano davvero i loro soldi nella scuola, è evidente che il vero scopo consiste nell’ennesimo travaso di fondi pubblici nelle tasche dei privati.
Il luogo comune vuole dunque che il Sud sia la roccaforte della reazione, e questa idea coinvolge anche illustri intellettuali meridionali. Il napoletano Amadeo Bordiga, uno dei fondatori del Partito Comunista, nel 1919 individuava in Francesco Saverio Nitti - allora Presidente del Consiglio e originario della Basilicata - il “Noske italiano”, e nella Regia Guardia di Pubblica Sicurezza, composta da agenti di origine lucana e pugliese, il suo strumento di repressione antioperaia.
In realtà la vera reazione, il fascismo, venne poi dal Centro-Nord, mentre il Meridione non contribuì minimamente alla nascita del fascismo stesso. La Regia Guardia di Pubblica Sicurezza - conosciuta più semplicemente come Guardia Regia - venne sciolta per aver osato sparare sui fascisti, e i suoi agenti furono licenziati in massa; l’argomentazione usata per far accettare questo provvedimento fu, manco a dirlo, di carattere razziale: la Guardia Regia venne presentata come un corpo di polizia non all’altezza dei suoi compiti a causa delle scarse doti fisiche degli agenti, dovute alle loro origini meridionali.
L’antimeridionalismo del fascismo costituisce uno degli aspetti che la storiografia ufficiale ha maggiormente oscurato, fino a cancellarne la memoria, così pure la persistente opposizione al regime fascista da parte delle regioni meridionali, nelle quali fu per anni difficilissimo trovare personale politico del luogo disposto ad assumersi la carica di Podestà; tanto che il regime fascista, a differenza che nel Settentrione, ricorse all’accorpamento di numerosi Comuni, così che, ancor oggi la stragrande maggioranza dei Municipi italiani è collocata nel Centro-Nord. L’antifascismo meridionale decadde solo con il passaggio alla generazione successiva a quella della presa del potere da parte di Mussolini, e con questo passaggio un’intera memoria storica fu perduta.
Qui non si tratta di rovesciare il luogo comune, presentando un mitico Meridione rivoluzionario al posto dell’altrettanto mitico Meridione reazionario, bensì di comprendere che l’ideologia antimeridionalistica non è funzionale soltanto all’oppressione coloniale del Sud, ma dell’intero Paese. Ad esempio, nonostante la farsa del “salvataggio” messa su da Berlusconi a scopi di mero saccheggio del denaro pubblico a favore di privati, l’Alitalia, e quindi l’aeroporto di Malpensa, rischiano ancora di passare ad Air France, con la conseguente smobilitazione che ne seguirebbe; questa operazione di smobilitazione è dovuta all’intralcio che Malpensa rappresenta per le basi americane nel Nord Italia. Quindi la colonizzazione e militarizzazione del territorio, con tutte le conseguenze anche in termini di rifiuti tossici, non costituiscono un problema della sola Campania.

venerdì 5 settembre 2008

NEWSCOMIDAD

IL CAPITALISMO REALE È IL COLONIALISMO

La provocazione del governo colombiano contro Rifondazione Comunista, accusata di aver collaborato con la formazione della resistenza in Colombia denominata FARC (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane), è stata lanciata in Italia attraverso un articolo su “La Repubblica” di un certo Omero Ciai, uno che, a quanto pare, aveva il suo datore di lavoro destinato già dal cognome. Questa provocazione coglie RC in una condizione di debolezza, per aver attuato la sua lodevole solidarietà internazionalistica nell’ambito di troppe ambiguità comunicative.

Ci si poteva adoperare per la liberazione di Ingrid Betancourt - che il governo colombiano pretende essere avvenuta per un blitz, ma in realtà in seguito al pagamento di un riscatto -, ed anche esprimere soddisfazione per il fatto che una mamma potesse riabbracciare i suoi figli, senza per questo mettere in ombra il ruolo della stessa Betancourt come istigatrice alla violenza, dato che accusava il governo colombiano di debolezza verso le FARC per aver attenuato la sua pratica di genocidio nei territori controllati dalla guerriglia.

Il delirante protagonismo guerrafondaio della Betancourt la rendeva inoltre la candidata ideale per qualche operazione di provocazione della CIA, un assassinio da attribuire alla guerriglia; in una situazione di guerra civile, le FARC - che peraltro non hanno mai imitato il governo colombiano nella sua sistematica attività di tortura e sterminio - possono comunque aver ritenuto che sequestrare la Betancourt per ottenerne qualcosa in cambio, potesse costituire un modo di minimizzare i danni.

Che le FARC siano indicate come “organizzazione terroristica” dall’ONU e dalla UE, è indicativo solo dell’asservimento dell’ONU e della UE agli interessi statunitensi, e non della effettiva natura delle FARC, che, nonostante il reboante suono militaresco del nome, costituiscono un’organizzazione politica di opposizione che cerca il contatto e il dialogo con la popolazione e ne riceve il sostegno, e ricorre alla guerriglia solo per ciò che è necessario per rispondere all’aggressione colonialistica.

In base alla “Ragion di Stato”, anche leader anticolonialisti come Castro e Chavez, hanno preso le distanze dal “sequestro” della Betancourt, e la stessa ragion di Stato ha finito per infilare Rifondazione Comunista nello stesso vicolo cieco.

Il governo colombiano risulta essere il più finanziato dagli Stati Uniti, e Noam Chomsky ha rilevato che c’è una diretta corrispondenza tra l’entità di questi finanziamenti statunitensi ai governi e la estensione della pratica della tortura da parte di questi stessi governi. In Colombia è impossibile una opposizione legale, dato che ad ogni vigilia pre-elettorale si verificano arresti o sparizioni di sindacalisti e uomini politici invisi al governo. Questa è la situazione reale in cui agiscono le FARC, e giornalisti “liberi e indipendenti” come la Betancourt servono a svolgere sul campo una doppia attività: raccolta di informazioni utili a reprimere la guerriglia e, contemporaneamente, diffusione di false notizie ai media per accreditare la tesi di una guerriglia al servizio dei narcotrafficanti; soggetti come la Betancourt vengono inoltre ritenuti, dai servizi segreti per cui lavorano, particolarmente idonei ad essere sacrificati per operazioni di propaganda.

L’ONU, che ha accettato di indicare le FARC come organizzazione terroristica, è la stessa organizzazione che in documenti di alcune sue agenzie ha dovuto rilevare il diretto coinvolgimento del governo colombiano nel narcotraffico. Che poi le FARC si finanzino tassando a loro volta il narcotraffico, è l’effetto del rilievo che la coltivazione della coca ha nell’economia agricola colombiana. Una situazione analoga si verifica in Afghanistan, dove la produzione e il traffico dell’oppio sono direttamente gestiti dalla NATO e dal governo “filo-occidentale”, mentre la resistenza si finanzia imponendo tributi in alcuni svincoli del percorso del business imposto dai colonizzatori.

Il problema è che il parlamentarismo impone ad una forza di opposizione dapprima di girare attorno alla verità, poi di escluderla del tutto. L’anticolonialismo viene così annacquato in terzomondismo, cioè in un concetto vago che fa perdere di vista le affinità tra il cosiddetto terzo mondo ed il sedicente Occidente. La Colombia è divenuta uno stato iper-militarizzato e terroristico per essersi adattato al mito del capitalismo, che prevede che il compito del governo sia solo quello di favorire gli investimenti privati.

Ad un governo perciò si impone di tenere bassi i salari, di evitare ogni forma di assistenza sociale, di mantenere alta la disoccupazione; tutto questo per aumentare al massimo la produttività del lavoro, poiché i lavoratori dovranno lavorare il più possibile sia per tenersi il posto che per guadagnare quel tanto che gli consenta di sopravvivere. Realizzata questa prima parte del mito, si aspetta che si avveri la seconda, ma sta di fatto che i tanto attesi investimenti privati non arrivano, anzi le misure di “apertura agli investimenti” creano solo depressione economica.

Anche le potentissime multinazionali devono infatti attendere che siano i propri governi a finanziare le loro esportazioni e i loro investimenti all’estero. Questi finanziamenti governativi alle imprese private sono quelli che vengono denominati ipocritamente come prestiti o, con sfacciata malafede, “aiuti allo sviluppo”; con questi “aiuti” i Paesi colonizzati comprano a credito merci, impianti o armi dalle aziende private legate al governo che ha concesso il prestito. L’aspetto più paradossale è quindi che una Benetton o una Nike non vanno a investire direttamente nei Paesi in cui collocano le proprie produzioni, ma sono gli stessi Paesi colonizzati a doversi indebitare per fare entrare queste aziende sul territorio nazionale.

Il capitalismo mitico si fonda sull’iniziativa privata, mentre il capitalismo reale è sempre mediato dai governi o da istituzioni di supporto al colonialismo, come le Banche Mondiali o i Fondi Monetari Internazionali. Il ministro della difesa Statunitense Mc Namara fu trombato dal presidente Johnson per aver sbagliato del cento per cento il preventivo del bilancio della difesa (ventiquattro miliardi di dollari di spesa contro i dodici previsti), ma, viste le sue doti di amministratore, fu immediatamente spostato a dirigere la Banca Mondiale per esportare il vangelo capitalistico nei Paesi poveri.

Il capitalismo non è quindi soltanto un fenomeno economico, ma è una pratica di aggressione a tutto campo, che produce un’ideologia funzionale a questa aggressione. Proprio in questi giorni, papa Ratzinger ha ricevuto a Castelgandolfo Ingrid Betancourt, ciò per dimostrare per l’ennesima volta la sua sudditanza nei confronti del colonialismo statunitense, che prevede che le sofferenze di una apologeta della violenza coloniale, e non quelle delle vittime del colonialismo, costituiscano la vera tragedia della nostra epoca.

Sempre a proposito di Ratzinger, molti si chiedono da dove abbia tirata fuori questa storia della condanna del relativismo. La risposta è sin troppo ovvia: dalla propaganda delle Amministrazioni statunitensi. La condanna del relativismo culturale fu pronunciata infatti per la prima volta dal Segretario di Stato americano Warren Cristopher nel 1993 alla Conferenza Internazionale di Vienna sui Diritti Umani. La tesi di Cristopher era che i governi occidentali non si dovessero far frenare nei loro interventi “militar-umanitari” da considerazioni di rispetto delle specifiche tradizioni culturali locali. Le stesse cose Ratzinger le ha ripetute anche nel suo ultimo discorso all’ONU, aggiungendo che il Diritto internazionale non deve ostacolare i bombardamenti umanitari.

Questo è quindi lo scenario reale con cui ci si deve confrontare: un’aggressione affaristico-militare a livello planetario, sostenuta da una ferrea ideologia, che ha ormai fagocitato anche istituzioni tradizionali come la Chiesa cattolica; un’aggressione coloniale che investe non solo Paesi come la Colombia, ma anche Paesi “occidentali” come l’Italia.

4 settembre 2008

giovedì 28 agosto 2008

NEWSCOMIDAD

Ecco le news settimanali del Comidad: chi volesse consultare le news precedenti, può reperirle sul sito www.comidad.org sotto la voce “Commentario” e all'indirizzo http://adhoc-crazia.blogspot.com/.

L’AMERICAN DREAM DEI REAZIONARI EUROPEI

La guerra in Georgia ha costituito un indiretto insuccesso militare degli Stati Uniti, che è stato interpretato da alcuni come un segno significativo del declino americano, cosa che, sempre secondo alcuni, potrebbe favorire uno sganciamento dell’Europa dal dominio USA.

Non c’è dubbio che la vittoria russa in Georgia abbia incontrato una malcelata simpatia nei gruppi dirigenti europei, stanchi dei soprusi statunitensi ed ansiosi di ritrovare un margine di manovra tramite il contrappeso russo. Il problema è però che il dominio americano non rappresenta un semplice riflesso della potenza militare ed economica degli USA. Anzi, sin dal 1946 - anno di inizio di ciò che è impropriamente definito “impero americano”- le difficoltà incontrate dagli Stati Uniti per realizzare i propri progetti di dominio globale sono risultate sempre più evidenti.

La storia militare statunitense di questi ultimi sessanta anni è, infatti, più una storia di insuccessi militari che di vittorie. Già prima delle sconfitte nella guerra di Corea, i marines americani diedero prove disastrose sul terreno quando accorsero in appoggio di Chiang Kai-shek nella guerra civile cinese, che vide poi la vittoria dei comunisti di Mao Tse Tung.

Fu nella guerra di Corea che il comandante in capo delle forze USA e ONU, Mc Arthur, inventò la formula propagandistica per la quale gli eroici soldati statunitensi venivano defraudati della vittoria dai loro pavidi dirigenti politici, timorosi di vincere davvero la guerra.

Questo tipo di propaganda vittimistica fu utilizzato poi massicciamente durante la guerra del Vietnam e negli anni successivi a quella guerra. Il vittimismo militare americano costituì infatti l’oggetto di famosi film come “Apocalypse Now”, in cui un pelato Marlon Brando pronunciava un monologo in cui attribuiva la sconfitta in Vietnam all’incapacità americana di emulare i Vietnamiti in fatto di crudeltà, e si richiamava ad un episodio in cui i Vietcong avrebbero tagliato un braccio a dei bambini loro connazionali, colpevoli di essersi lasciati vaccinare dai soccorrevoli soldati americani; questo episodio di crudeltà dei Vietcong non ha nessun riscontro in nessuna delle cronache dell’epoca, perciò costituisce una pura invenzione, anche se, grazie all’impatto del film, ha assunto la consistenza di un fatto realmente accaduto.

Gli Stati Uniti hanno quindi costruito una propaganda che aveva il preciso scopo di dissimulare i limiti della loro potenza militare, attribuendo le sconfitte ad un eccesso di scrupoli morali. Tutto il dibattito imposto dalla propaganda americana è sempre infarcito di dilemmi morali, dilemmi tanto più fasulli dal momento che sono dei criminali in servizio permanente effettivo a proporli. Del resto non si capisce quali scrupoli morali oggi si stiano facendo le truppe ed i mercenari statunitensi in Iraq ed in Afghanistan.

Il dominio statunitense non è quindi legato esclusivamente o principalmente alla potenza militare, ma soprattutto all’alleanza organica con i reazionari di tutto il mondo. In Europa la reazione ha sognato l’America sin dagli inizi del ‘900 e, dalle pagine del “Mein Kampf”, si apprende che Hitler non faceva eccezione. La propaganda statunitense inventa ogni giorno un “nuovo Hitler”, però quello originale era un filo-americano.

Nel 1946 le oligarchie europee sono diventate “americane” non per il timore di un’Unione Sovietica prostrata dalla guerra, ma per timore dei loro operai. Un avvenimento del 1946 di cui pochi storici si sono occupati - ad esempio: Joyce e Gabriel Kolko - riguarda l’esperienza dei consigli operai nella Germania Est. Questa parte della Germania era stata da sempre la meno industrializzata e, nello stesso periodo, la Germania Ovest deteneva l’ottanta per cento dei suoi impianti industriali ancora intatti, poiché in gran parte di proprietà di multinazionali americane, e infatti i bombardamenti USA si erano concentrati soprattutto sulle abitazioni civili e sulle città d’arte come Dresda.

Nonostante questa inferiorità in fatto di impianti industriali, la Germania Est superò nel corso del 1946 la produzione dell’Ovest, dimostrando che i consigli operai costituivano un’alternativa non solo in termini di giustizia, ma anche di efficienza. Per un certo periodo, Stalin non si oppose all’esperienza dei consigli a causa dell’impellente bisogno di prodotti industriali da parte della Russia. Quando gli operai di Berlino Est nel 1953 tentarono di riproporre quell’esperienza, la risposta del potere fu invece una brutale repressione.

L’esperienza dei consigli operai è stata screditata anche a causa dell’apologetica dei consiliaristi e dei situazionisti, che li hanno proposti come un improbabile modello di potere assoluto; in realtà la loro validità si dimostrò proprio nel determinare una spinta sociale a cambiamenti molto più vasti e profondi, cosa che determinò il terrore nelle oligarchie europee, che si dimostrarono pronte ad inchinarsi agli USA purché li difendessero da questa prospettiva.

Il piano Marshall è presentato nei libri di storia come una grande prova di generosità americana, mentre in realtà costituì un finanziamento governativo alle esportazioni statunitensi; ma la cosa più rilevante è che esso fu accompagnato dalla imposizione di una serie di stretti vincoli alla spesa pubblica dei Paesi europei che determinarono una terribile depressione e una disoccupazione di massa. Con il piano Marshall arrivarono in Europa anche le basi militari americane e, nel 1949, la NATO. Le basi americane e NATO per le oligarchie europee sono come tanti baluardi antioperai sparsi sul territorio, veri e propri templi dell’antioperaismo.


28 agosto 2008

domenica 17 agosto 2008

LA RUSSIA, L’OSSEZIA E IL MODELLO HONDURAS

NEWSCOMIDAD www.comidad.org


La vicenda della guerra tra Russia e Georgia, viene presentata dai media “occidentali” secondo questa versione: la provincia georgiana dell’Ossezia, a maggioranza russa, a imitazione di quanto avvenuto nel Kosovo, proclama la sua indipendenza, cosa che provoca l’intervento militare del governo georgiano e una conseguente risposta russa a sostegno dei separatisti.

Lo scenario proposto potrebbe apparire plausibile e, per certi aspetti, persino “comprensivo” verso la Russia, ma se andiamo a valutare le notizie, ci si accorge immediatamente che appaiono monche di particolari essenziali; ad esempio: non ci viene chiarito come, quando e in che termini sarebbe avvenuta questa dichiarazione d’indipendenza dell’Ossezia - a cui ora si è aggiunta anche la provincia dell’Abkhazia-, e soprattutto che ruolo ha avuto nella vicenda l’esercitazione militare congiunta compiuta da truppe georgiane e statunitensi alla fine di luglio ai confini della Russia.

L’aspetto più improbabile della rappresentazione mediatica appare il ruolo del presidente Bush, “preoccupato per la destabilizzazione dell’area del Caucaso”, e che ha invitato i contendenti a cessare il fuoco, cosa che non gli sarebbe dovuta risultare difficile da ottenere, dato che il presidente georgiano è notoriamente un dipendente di Washington, che smania di entrare nella NATO e che, per acquisire meriti a riguardo, ha inviato truppe per partecipare all’occupazione dell’Iraq; truppe che ora gli sono state gentilmente rispedite indietro da Bush con un’operazione-lampo, a dimostrazione di quanto sia effettiva la volontà statunitense di far cessare i combattimenti.

Insomma, ci sono vari indizi per ritenere che il tutto costituisca l’ennesima provocazione di Bush contro Putin, che, sebbene non più presidente, è ancora il vero padrone della Russia, o, per meglio dire, il capo della casta affaristica che discende dalla ex-nomenklatura sovietica. Se Putin sia caduto nella provocazione, o se abbia lui stesso deciso di anticipare i tempi del confronto, è ancora presto per dirlo.

Certo che l’ostilità aperta con cui Putin è stato trattato dal sedicente “Occidente” negli ultimi anni, rende piuttosto irrealistico un ruolo di mediazione degli USA e poco probabile uno della UE, quindi bisognerà verificare l’effettiva tenuta del piano di pace proposto da Sarkozy e accettato dal presidente russo Medvedev; né la NATO ha molte carte da giocare nella partita, visto che la Russia non è l’inerme Serbia, ma la prima potenza missilistica del pianeta, dato che da tempo ha scavalcato gli Stati Uniti, impegnati a versare miliardi al loro complesso militare-affaristico per arrivare ad uno “scudo spaziale” che, a detta di tutti i fisici, è una pura bufala.

Quando Bush dichiara che la vicenda dell’Ossezia rischia di compromettere i suoi rapporti con la Russia, fa una minaccia priva di senso, data la campagna di accerchiamento e di ostilità crescente e generalizzata di cui è stato fatto oggetto Putin in “Occidente” (con la sola eccezione di Berlusconi, grato allo stesso Putin del fatto che sia l’unico leader mondiale che non lo tratta come un deficiente, ma anzi con un particolare riguardo).

Le provocazioni statunitensi contro Putin erano del resto già cominciate all’epoca di Clinton, con l’affondamento di un sommergibile atomico russo in esercitazione. In quella occasione Putin mantenne la calma e mise tutto a tacere, evitando accuratamente di rispondere alle domande dei familiari dei membri dell’equipaggio scomparso.

I motivi di questa ostilità statunitense potrebbero esser individuati nel fatto che Putin ha gradualmente estromesso dall’affare del gas e del petrolio russi la multinazionale anglo-americana BP (Beyond Petroleum, già British Petroleum). La definitiva estromissione della BP è avvenuta, guarda caso, poche settimane fa, dopo di che sono sopravvenute l’esercitazione militare congiunta USA-Georgia e l’attacco georgiano all’Ossezia.

Putin non è più comunista - ammesso che lo sia mai stato -, ma per il governo USA è da considerarsi comunista chiunque non favorisca gli interessi affaristici delle multinazionali anglo-americane. Del resto il concetto di comunismo è sempre risultato estremamente dilatabile, sino a comprendervi qualsiasi provvedimento a favore del lavoro; in questo senso tutta la diatriba ideologica dei riformisti contro i rivoluzionari, non tiene conto del fatto che per il padronato anche la più timida garanzia per i lavoratori viene considerata una minaccia rivoluzionaria, e trattata come tale.

A differenza di altri bersagli dell’odio statunitense - come Chavez -, Putin si è guardato bene dal fare una politica a favore del lavoro, ma comunque le sue azioni possono essere fatte rientrare nella categoria del nazionalismo economico, che per le multinazionali rappresenta una minaccia affine al comunismo.

Proprio perché temeva le reazioni statunitensi, Putin, prima di liberarsi della BP, aveva anche cercato inutilmente un compromesso, chiedendo di rinegoziare i contratti con questa multinazionale. I contratti in questione prevedevano l’introito del novanta per cento degli utili alla BP, ed il rimanente dieci per cento alla Russia, previo però il rientro delle spese da parte della stessa BP; spese che però, misteriosamente, non rientravano mai.

Come al solito gli USA hanno rigettato ogni ipotesi di compromesso, perché vedono in ogni accordo una minaccia. È uno stile che fa parte della storia statunitense: dopo la seconda guerra mondiale, il presidente Truman rigettò sistematicamente ogni ipotesi di accordo avanzata da Stalin, il quale, con il suo solito opportunismo, arrivò persino a chiedere, inutilmente, di partecipare al Piano Marshall. Truman lanciò nel contempo una campagna di guerra psicologica che fece passare l’atteggiamento sovietico come politica del “niet”, riuscendo così a scaricare per intero la responsabilità della guerra fredda sull’Unione Sovietica.

Qualche commentatore americano ha osservato che la pretesa, di Clinton prima e di Bush poi, di trattare la Russia da colonia, come se fosse l’Honduras, è stata forse un po’ eccessiva; un’osservazione che, a quanto pare, non ha suscitato riflessione nel governo USA, ma solo in Honduras.

D’altra parte, anche se la provocazione di Bush dovesse rivelarsi un fiasco, i rischi di perdita d’immagine per gli USA appaiono abbastanza contenuti, poiché risulta già in atto una campagna propagandistica che scarichi la colpa di tutto sui “pavidi Europei”, che avrebbero consentito l’intervento russo frenando l’adesione alla NATO della Georgia. Pare che i governi europei siano disposti ad accollarsi questa colpa, il che indica che almeno con loro il modello Honduras risulta applicabile.

14 agosto 2008


domenica 3 agosto 2008

Coordinamento Provinciale Anarchico

Dopo aver lanciato l'idea di creare un coordinamento provinciale anarchico ci sono pervenuti, da parte di alcuni compagni beneventani, i primi suggerimenti, come quello di pensarlo invece di provinciale, regionale.
Il coordinamento dovrebbe rappresentare un nucleo di compagni che, ovviamente previa assemblea, sia pronta ad appoggiare lotte ed iniziative in tuttala provincia/regione.
Sono chiamati a pensare e organizzare il coordinamento tutti i compagni sparsi sul territorio casertano/campano. Sarebbero utili anche delle riunioni.
Pensiamoci.

Non perdiamo di vista la libertà.